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Un segnale dal mare: quando un evento ambientale diventa rischio economico

Non si tratta di un fenomeno marginale. L’invasione del granchio blu lungo le coste dell’Alto Adriatico – una specie alloctona favorita dall’aumento delle temperature marine – rappresenta un evento che ha generato, nel giro di pochi mesi, una frattura economica concreta, soprattutto nella filiera della pesca maranese e lagunare. Le conseguenze si estendono oltre il perimetro del settore ittico, toccando le dinamiche economiche e ambientali di un intero territorio.

Chi produce molluschi, chi raccoglie vongole, chi trasforma e commercia prodotti ittici si è trovato a fronteggiare un predatore aggressivo che ha compromesso interi raccolti. Una specie non prevista nei piani economici, non inserita nei business plan, che tuttavia incide direttamente su margini, costi, occupazione.

Non siamo davanti a una “emergenza locale”, ma a un caso emblematico di ciò che accade quando gli impatti del cambiamento climatico si traducono in effetti concreti su attività economiche reali. Questo evento – documentato nell’approfondimento del Messaggero Veneto “Pesca Alto Adriatico, crisi climatica e granchio blu” – dimostra come certe variabili ambientali possano trasformarsi in fattori che cambiano le regole del gioco.

Proprio in questi giorni, la lettura congiunta di questo contributo giornalistico e dell’articolo accademico di George Serafeim, Robert G. Eccles e Ioannis Ioannou, How ESG Issues Become Financially Material to Corporations and Their Investors (Harvard Business School, 2020), mi ha offerto uno spunto di riflessione. Da questo confronto è nata l’idea di esplorare, passo dopo passo, come un fatto ecologico possa trasformarsi in un problema economico, e perché oggi ogni imprenditore dovrebbe essere in grado di cogliere e interpretare questi segnali.

Il caso Alto Adriatico: un ecosistema sotto pressione

L’Alto Adriatico, con le sue lagune e i suoi bacini di produzione, rappresenta da decenni un sistema economico vivo, anche se fragile, fondato sulla piccola pesca artigianale e sulla molluschicoltura. In questo contesto, la sostenibilità ambientale non è mai stata una questione teorica, ma una condizione necessaria per la continuità produttiva. Tuttavia, il progressivo innalzamento della temperatura del mare – come riportato dal Messaggero Veneto – ha alterato gli equilibri biologici, creando le condizioni ideali per la diffusione del granchio blu (Callinectes sapidus), una specie invasiva in grado di predare vongole, cozze e altri organismi marini.

Nel giro di pochi mesi, l’intera filiera ha registrato danni ingenti. Secondo le testimonianze raccolte, i produttori locali parlano di raccolti compromessi fino all’80%, con perdite economiche difficilmente assorbibili da imprese che, in gran parte, operano con risorse limitate. Questa crisi ha colpito non solo la produzione primaria, ma anche la trasformazione, la logistica e la commercializzazione, generando un effetto domino che ha reso evidente la vulnerabilità dell’intero sistema.

Già prima del collasso, erano emersi alcuni segnali trascurati:

  • L’aumento anomalo delle temperature marine negli ultimi anni.
  • La comparsa sporadica del granchio blu in aree lagunari già nel 2021.
  • L’assenza di un piano di monitoraggio integrato per specie alloctone.

La vicenda del granchio blu non è un’eccezione, ma un esempio concreto di come una minaccia ambientale possa rapidamente trasformarsi in un rischio economico sistemico, soprattutto in contesti dove manca una visione collettiva e anticipatoria.

Cosa ci insegna il modello ESG sulla materialità dei rischi

Comprendere cosa rende un rischio “materiale” – ossia rilevante dal punto di vista economico e gestionale – rappresenta oggi una delle competenze più strategiche per chi guida un’impresa. Non tutte le questioni ambientali o sociali emergono subito come priorità operative. Spesso restano ai margini, fino a quando non si traducono in effetti tangibili su costi, ricavi, reputazione o continuità aziendale.

Un quadro teorico utile per interpretare questi fenomeni è quello già citato, sviluppato da Freiberg, Henderson e Serafeim, che descrive come le questioni ESG (Environmental, Social e Governance) possano acquisire rilevanza finanziaria nel tempo. Secondo gli autori, la materialità non è una condizione statica, ma un processo che evolve attraverso tappe distinte e riconoscibili.

Il modello si articola in cinque fasi:

  • Status quo: un equilibrio apparente, in cui le esternalità ambientali sono note ma ignorate o sottovalutate.
  • Catalizzatore: un evento rompe l’equilibrio e porta il tema sotto i riflettori (nel nostro caso, l’invasione del granchio blu).
  • Reazione degli stakeholder: comunità locali, media, operatori e istituzioni iniziano a chiedere spiegazioni e risposte.
  • Risposta delle imprese: alcune reagiscono adattando modelli e pratiche; altre restano ferme o si trovano in difficoltà.
  • Regolazione o innovazione: il sistema cerca un nuovo assetto, spesso attraverso norme, incentivi o soluzioni operative emergenti.

Applicando questo schema al contesto dell’Alto Adriatico, si può osservare come la filiera ittica sia già entrata nella terza fase. La capacità di risposta varia in funzione di numerosi fattori: dalla struttura organizzativa interna, al livello di consapevolezza strategica, fino alla disponibilità di capitale relazionale e finanziario – risorse che possono fare la differenza tra adattamento e crisi.

La vera lezione di questo modello – e del caso del granchio blu – è che la soglia della rilevanza non si misura soltanto in euro, ma nella percezione collettiva del disallineamento tra ciò che l’impresa fa e ciò che il contesto considera accettabile. Quando questo divario si amplia, la pressione si accumula e si traduce in costi reali. In questo senso, la sostenibilità smette di essere un’opzione e diventa una condizione di continuità.

Opportunità e risposte per le PMI locali

Quando una crisi diventa visibile e si manifesta attraverso perdite economiche dirette, è facile concentrarsi esclusivamente sull’emergenza. Ma per molte piccole e medie imprese, soprattutto in filiere territoriali come quella della pesca dell’Alto Adriatico, la capacità di reazione non dipende solo da risorse finanziarie, ma dalla velocità con cui si riesce a leggere il contesto e adattarsi. È in questi momenti che la visione d’impresa, la collaborazione e l’innovazione diventano determinanti.

Alcuni esempi di risposta concreta sono stati documentati dal Messaggero Veneto, che ha evidenziato come diverse realtà locali abbiano già avviato forme di adattamento. Tra le soluzioni emerse:

  • La valorizzazione gastronomica del granchio blu come nuova risorsa alimentare.
  • Il coinvolgimento di centri di ricerca per approfondire le dinamiche ecologiche e sviluppare misure di contenimento.
  • La formazione di reti informali tra cooperative e operatori, con scambio di osservazioni, dati e pratiche operative.

Questi segnali vanno letti come prime espressioni di resilienza adattiva, che – se sostenute da strumenti adeguati – possono diventare leve strategiche per il territorio. Tuttavia, non bastano iniziative isolate: occorre ripensare i modelli organizzativi, investire in tracciabilità e trasparenza, e costruire una narrazione coerente tra ciò che l’impresa fa e ciò che il territorio si aspetta.

In questa prospettiva, la sostenibilità non si limita a un’etichetta da esibire, ma si afferma come piattaforma concreta di collaborazione tra attori economici e sociali. Una leva operativa per generare fiducia, rafforzare la coesione e prevenire l’erosione di competitività che deriva dall’inerzia.

ESG come strumento di resilienza per i territori

La vicenda del granchio blu, al di là dell’impatto immediato sulla filiera della pesca, ci obbliga a ripensare il modo in cui le imprese osservano e interpretano il proprio contesto operativo. Non si tratta solo di reagire agli eventi quando si manifestano, ma di sviluppare la capacità di leggere per tempo segnali deboli che preannunciano trasformazioni più profonde. In questa prospettiva, adottare logiche ESG non è una risposta a pressioni esterne, ma una leva concreta per costruire organizzazioni più capaci di navigare nell’incertezza.

Per le PMI, questo si traduce in alcune scelte strategiche fondamentali:

  • Abbandonare la logica dell’intervento puntuale, per adottare una visione di medio-lungo periodo;
  • Integrare strumenti per la mappatura dei rischi non convenzionali, ambientali e sociali inclusi;
  • Coltivare relazioni di corresponsabilità con altri attori del territorio, pubblici e privati.

Se ben interpretata, la sostenibilità offre alle imprese locali l’opportunità di riposizionarsi, rafforzare la propria legittimità e generare valore condiviso. Ma per farlo è necessario un cambio di paradigma: passare da una postura difensiva a una proattiva, dove la gestione dei fattori ESG sia parte integrante della strategia, non un capitolo a parte.

Eventi come questo evidenziano anche l’assenza, in molte filiere territoriali, di meccanismi strutturati per rilevare, analizzare e gestire segnali ambientali deboli – un vuoto che non è tecnico, ma strategico, e che si traduce in vulnerabilità sistemica.

La crisi della pesca nell’Alto Adriatico non è un caso isolato. È una cartina di tornasole di ciò che può accadere anche in altri settori se si continua a trascurare il legame tra vulnerabilità ambientale e rischio economico. Anticipare questi cambiamenti è oggi la vera sfida manageriale. E la sostenibilità, in questo scenario, è più che mai un fattore di resilienza competitiva.

Fonti e riferimenti

Negli ultimi anni, la sostenibilità è stata promossa come un pilastro fondamentale della strategia aziendale da una combinazione di attori: dalle istituzioni internazionali come l’ONU e l’Unione Europea, agli investitori istituzionali, fino ai grandi fondi ESG (Environmental, Social and Governance) e alle stesse aziende multinazionali, spinte da aspettative sociali crescenti e normative sempre più stringenti. Tuttavia, secondo l’articolo pubblicato da Harvard Business Review nell’aprile 2025, “Corporate Sustainability Is in Crisis — What Should Companies Do Now”, le imprese si trovano oggi davanti a un bivio: mentre da un lato cresce l’urgenza di affrontare le crisi ambientali e sociali, dall’altro si assiste a un generale rallentamento (quando non un arretramento) degli impegni ESG.

In questo scenario incerto, in cui diverse forze geopolitiche, economiche e culturali minacciano i progressi ottenuti, è fondamentale che le aziende non abbandonino il percorso della sostenibilità, ma che lo reinterpretino con lucidità: adottando una visione di lungo periodo, senza però perdere di vista la pragmaticità nel breve termine.

Condivido pienamente la prospettiva proposta dagli autori dell’articolo HBR: oggi più che mai serve rigore, priorità chiare e un nuovo equilibrio tra ambizione e realismo. Per comprendere appieno le sfide che hanno portato a questa fase di stallo, è utile analizzare il contesto attuale in cui operano le aziende tenendo in considerazione quanto affermato in questo articolo.

Il contesto della crisi ESG

Di fatto, una combinazione di fattori sta erodendo l’entusiasmo per le strategie ESG:

  • Pressioni economiche e inflazione hanno spinto molte imprese a ridimensionare i loro piani di investimento sostenibile.
  • Cambiamenti normativi, come l’introduzione del regolamento Omnibus in Europa — che ha modificato requisiti e tempi di rendicontazione per le aziende — stanno aumentando la complessità amministrativa, generando incertezza tra imprese già sotto pressione.
  • Differenze nei framework ESG a livello globale, con approcci normativi divergenti tra Unione Europea, Stati Uniti e paesi emergenti, stanno frammentando il panorama della sostenibilità e rendono difficile per le aziende operare con coerenza su scala internazionale.
  • Critiche ideologiche e backlash politici (soprattutto negli Stati Uniti) stanno polarizzando il dibattito, trasformando la sostenibilità in un terreno di scontro.

Tutto questo ha portato molte aziende a fare marcia indietro. Come rileva un altro articolo di HBR (“Companies Are Scaling Back Sustainability Pledges — Here’s What They Should Do Instead”, agosto 2024), numerosi attori del settore privato stanno ritirando impegni o ridefinendo obiettivi, spesso con poca trasparenza. Tuttavia ci sono diverse ragioni per credere che nel medio termine la sostenibilità tornerà al centro delle strategie d’impresa. Tre dinamiche strutturali stanno contribuendo a rendere questo scenario non solo probabile, ma in parte già in atto.

  • La transizione energetica è ormai irreversibile.
    Gli investimenti massicci e continuativi nell’energia rinnovabile — guidati anche da attori globali come la Cina — hanno reso queste tecnologie non solo economicamente sostenibili, ma parte integrante delle logiche geopolitiche. L’infrastruttura costruita nel corso dell’ultimo decennio ha abbassato il costo marginale dell’energia pulita, rendendo difficile tornare indietro.
  • Le condizioni ambientali stanno riplasmando la politica.
    Il crescente impatto del cambiamento climatico — evidente nell’aumento esponenziale dei disastri naturali e nel superamento di sei dei nove limiti planetari — sta portando le conseguenze ambientali al centro del dibattito pubblico. Questo, nel tempo, eserciterà una pressione crescente sulla politica affinché riveda priorità e scelte.
  • La sostenibilità si sta trasformando in leva competitiva.
    L’innovazione nei modelli di business sta rendendo la sostenibilità non più solo un costo da gestire, ma un’opportunità per differenziarsi. Dalle soluzioni a basse emissioni nel settore logistico, come quelle adottate da Maersk, alle piattaforme di mobilità condivisa o ai sistemi solari domestici, il mercato sta premiando chi integra la sostenibilità in modo strategico.

Come orientarsi nella fase di transizione della sostenibilità

In un contesto in cui le pressioni a favore della sostenibilità sembrano indebolirsi nel breve termine, le aziende, secondo gli autori dell’articolo di HBR, devono evitare approcci estremi: né l’idealismo cieco né l’abbandono totale dell’agenda ESG rappresentano soluzioni efficaci. La realtà è più complessa e richiede di affrontare un periodo di transizione caratterizzato da ambiguità e instabilità. Proprio in questa “terra di mezzo”, le imprese possono rafforzare la propria posizione adottando strategie resilienti e coerenti con i propri valori. In questo scenario, è utile per le imprese orientarsi attraverso alcune linee guida strategiche che consentano di agire con lucidità nel breve termine, senza perdere di vista gli obiettivi di lungo periodo. La tabella seguente sintetizza le principali direttrici da considerare.

StrategiaObiettivo / Beneficio
Adottare una visione di lungo periodoAnticipare rischi ambientali e normativi, rafforzare la fiducia degli stakeholder.
Radicarsi nei valori fondamentaliSuperare le polarizzazioni e mantenere una guida coerente nelle fasi di incertezza.
Promuovere l’azione localeRafforzare la resilienza territoriale e creare consenso dal basso attraverso iniziative policentriche.
Integrare sostenibilità e innovazioneGenerare vantaggi economici immediati e rendere la sostenibilità parte del core business.
Accettare l’incertezza come strutturaMantenere coerenza strategica nonostante i cambiamenti politici e sociali.
Scegliere il pragmatismo rispetto all’idealismoEvitare derive simboliche e concentrarsi su priorità concrete e misurabili.
Agire senza attendere il consenso globaleRafforzare l’autonomia strategica e l’uso delle leve già disponibili.
Sfruttare l’incertezza come vantaggioConsolidare il posizionamento competitivo mentre altri attori rimangono inerti o confusi.

Sulla base delle indicazioni sintetizzate nella tabella, possiamo tratteggiare tre strategie operative per affrontare l’attuale crisi senza compromettere la coerenza strategica in materia di sostenibilità.

1. Dare priorità alle azioni ESG con impatto diretto sul business

In tempi di pressione economica, le aziende dovrebbero focalizzarsi su iniziative che generano ritorni tangibili:

  • riduzione dei costi operativi (es. efficientamento energetico)
  • mitigazione dei rischi climatici o reputazionali
  • rafforzamento della resilienza lungo la supply chain

Tra le iniziative ESG a impatto diretto sul business andrebbero, inoltre, incluse anche quelle legate alla gestione delle risorse umane: investire su benessere organizzativo, sicurezza e sviluppo delle competenze, engagement, riduzione del turnover e reputazione aziendale. In un contesto segnato dal declino demografico e dalla crescente difficoltà nel trattenere talenti qualificati, diventa inoltre essenziale disporre di sistemi di remunerazione competitivi, che combinino incentivi economici e non monetari in modo coerente con i valori e gli obiettivi dell’impresa.

2. Rendere i risultati trasparenti, non solo gli impegni

Molte aziende hanno abbandonato o modificato obiettivi ESG senza comunicarlo. Serve un cambio di passo: comunicare progressi concreti, con metodologie e metriche tracciabili, evitando il greenwashing.

3. Integrare la sostenibilità nei processi decisionali

L’ESG non può più essere un compartimento separato. Va integrato nei piani industriali, nella governance e nei criteri di valutazione del management, con indicatori allineati alla performance economico-finanziaria.


Fonti e riferimenti